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Pacheco

Ultimo Aggiornamento: 16/09/2004 01:05
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13/09/2004 00:00

Dottor Conzo, buongiorno.
Vorrei approfondire il discorso da lei trattato in un suo articolo su Psittacene riguardante la malattia di Pacheco (PPD).
Essendo una Herpesvirosi e come tale notoriamente lagata allo stato di stress (come avviene del resto nelle herpesvirosi dell'uomo) ed essendo tanti i pappagalli importati, e molti con questa malattia, sottoposti per forza di cose ad un elevato stress e scarso igiene, quali conseguenze ci possono essere sui pappagalli in cattività?
Ancora di più mi interesserebbe approfondire il discorso riguardante i Conuri (Nanday e Patagonia in special modo) che risultano essere portatori sani e dunque non manifestando sintomi di patologia in atto possono essere involontari untori nei punti di distrubuzione di animali come negozi ed allevamenti.
Esistono profilassi e cure o anche in questo caso accade, come nella maggior parte delle virosi da Herpes virus, che si abbiano gravi difficoltà a venire a capo di una risoluzione del problema?

Ringraziandola per la cortese disponibilità,la saluto.

Nadia.

OFFLINE
14/09/2004 00:59

La questione sollevata è molto interessante, Nadia. La malattia di Pacheco è, infatti, una delle patologie più pericolose per i pappagalli, dal momento che è in grado di portarli a morte anche nel giro di poche ore, spesso in assenza di sintomi premonitori. Questo perchè l'herpesvirus che ne è responsabile ha come organo bersaglio il fegato dello sventurato pappagallo nel quale induce un'epatite necrotizzante, quasi sempre iperacuta. E' molto comune nei pappagalli (amazzoni, are, pionus, monaci, conuri) importati dalla Guyana, ma anche in altri paesi sudamericani può essere presente. Una volta mi è capitato di assistere alla morte di 500 monaci, provenienti dall'Argentina, nel giro di una settimana. In genere le prime morti si verificano 10-15 giorni dopo l'importazione, considerato il tempo d'incubazione della malattia dal momento in cui, per lo stress del trasporto, il pappagallo abbassa le proprie difese immunitarie. Buona parte dei pappagalli muore durante la quarantena, ma i sopravvissuti possono infettare tutti i pappagalli con i quali vengono in contatto. Stesso discorso vale, come già detto, per alcuni conuri, considerati portatori sani: Nanday e Patagonia in particolare. Non sono rari i casi di allevamenti totalmente distrutti per l'introduzione di un conuro di cattura, portatore sano del Pacheco. Da considerare che il virus può essere particolarmente virulento anche in soggetti non sottoposti a stress particolari, una volta che si è insediato in allevamento. Questo perchè molte specie di psittacidi non hanno difese naturali nei confronti di questa malattia ed altre, come le amazzoni, risultano particolarmente sensibili. Per questa malattia non esiste terapia e non sono disponibili in Italia vaccini. L'impiego dell'acyclovir può ridurre le possibilità di contagio nei pappagalli sani, ma non è un valido mezzo terapeutico. La principale profilassi è quella di non comprare soggetti di cattura, soprattutto se si tratta di conuri, e comunque sottoporre a quarantena (almeno 40 giorni) tutti i nuovi acquisti. E' possibile testare i soggetti sospetti (col metodo della PCR) da campioni ematici o fecali.
Purtroppo le norme quarantenarie in Europa non considerano questa malattia, non essendo pericolosa per il pollame o per l'uomo. Stesso discorso vale per altre malattie infettive, ulteriore motivo per richiedere il bando delle importazioni di soggetti selvatici. Cari saluti
Gino Conzo


14/09/2004 12:35

La ringrazio per la risposta sulla malattia di Pacheco, a proposito della quale vorrei che spigasse, con dovizia di particolari, come deve essere una quarantena. Le rivolgo questa domanda perchè spesso sento di persone, non ultime gli allevatori o negozianti, che non attuano quello che dovrebbe essere un isolamento vero e proprio, anche di loro soggetti malati e non si curano della qualità di quarantene attuate sui soggetti che acquistano. Fatto che, a mio avviso, si riflette sull'acquirente finale che a sua volta rischia,con l'acquisto, di infettare gli animali che già possiede.
La ringrazio della estrema disponibilità e per il tempo che dedica a noi utenti.
Un saluto, Nadia.
OFFLINE
16/09/2004 01:05

Nadia mette il dito nella piaga... In effetti della quarantena si parla spesso, ma sono pochi quelli che realmente la eseguono su animali appena introdotti in allevamento, negozio o semplicemente messi a contatto con un altro soggetto. Eppure, molto spesso, mettere un nuovo acquisto in quarantena è il mezzo migliore per prevenire gravi malattie infettive, alcune delle quali non sono, purtroppo, curabili. Ovviamente non basta semplicemente isolare il pappagallo ed osservarlo, anche se già fare questo può impedire il contagio dei volatili sani.
Durante la quarantena occorre valutare bene lo stato generale dell'animale e comunicare al veterinario ogni anomalia osservata. E' poi possibile far eseguire alcuni esami di laboratorio (in particolare la ricerca dei più comuni agenti patogeni) al fine di individuare possibili germi che potrebbero essere veicolati in allevamento od in ambiente domestico. Ciò è particolarmente utile per individuare i cosiddetti "portatori sani". Concetto fondamentale per eseguire una buona quarantena è quello di porre il pappagallo in isolamento in un ambiente chiuso, assolutamente lontano dai suoi simili, per un periodo di tempo sufficientemente lungo (non meno di 30 giorni, anche se per alcune malattie, come la Sindrome da dilatazione del proventricolo, il tempo di incubazione può essere molto più lungo). Lo stesso proprietario può fungere da vettore di agenti patogeni per cui conviene che gli animali posti in quarantena siano accuditi sempre dopo gli altri. Al termine delle operazioni di governo occorrerà eseguire una buona disinfezione di mani, indumenti ed attrezzi eventualmente utilizzati. Le feci degli uccelli vanno rimosse giornalmente; il fondo della gabbia deve presentare una griglia ed al di sotto materiale assorbente. Non deve mai accadere che le feci siano lasciate seccare poichè possono facilmente essere sollevate, ad ogni battito d'ali, particelle fecali che potrebbero essere inalate (è questa la via preferenziale per la trasmissione della Chlamydiosi).
Solo dopo aver superato il periodo di quarantena ed i controlli veterinari, il pappagallo può essere messo a contatto degli altri. Saluti
Gino Conzo
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